June 17, 2020
3 DOMANDE AL PROFESSOR GIOVANNI BATTISTA CAMERINI SUL CASO DI WOODY ALLEN

Sono lusingata di ospitare in questo spazio il professor Giovanni Battista Camerini, per approfondire e aggiungere il parere di un esperto al caso di Woody Allen, ampiamente raccontato nella sua autobiografia A proposito di niente, accusato e mai processato per aver molestato la figlia Dylan.

https://www.paolatorretta.it/post/la-versione-di-woody-a-proposito-di-niente

Laureato in Medicina e Chirurgia presso L’Alma Mater Studiorum di Bologna e specializzatosi successivamente in Neuropsichiatria Infantile presso l’Università di Modena, il professor Giovanni Battista Camerini da anni si occupa principalmente di disturbi in età evolutiva, psicopatologia dell’adolescenza, psicoterapia e disturbi d’ansia in bambini e valutazione del danno psichico in età evolutiva e psichiatria infantile.

Docente di Neuropsichiatria infantile per il CdL in Tecniche Audioprotesiche presso l’Università di Padova e docente di psichiatria forense dell’età evolutiva presso le Università di Padova e LUMSA (Roma), esercita la libera professione nel suo studio privato in centro a Bologna.

Il professor Camerini è autore di numerosi libri.  La sua ultima pubblicazione, La valutazione del minore nei casi di abuso, è pubblicata dalla casa editrice hogrefe.

Mi rivolgo al professor Camerini per comprendere meglio le implicazioni psicologiche del caso Woody Allen-Mia Farrow.  

Il lungo racconto di Woody Allen si concentra, nella parte centrale del libro, sulla vicenda giudiziaria in cui si è trovato suo malgrado coinvolto. Il regista si dichiara completamente innocente ma si rammarica, forse perché troppo concentrato sul suo lavoro, di non aver saputo leggere i segnali di malessere che riguardavano la sua ex compagna.

Quanto è importante in una coppia essere in grado di capire come sta psicologicamente la persona con cui si condivide la vita?

Nel periodo precedente allo scoppio dello scandalo giudiziario, Woody Allen e Mia Farrow erano una coppia già ampiamente in crisi. Il loro legame era probabilmente tenuto insieme più dagli impegni comuni di lavoro che dall’affetto. Dal racconto di Woody Allen si può dedurre che i due hanno evitato di affrontare la crisi, negando, o forse non rendendosi pienamente conto, della china irreversibile che aveva preso la loro relazione.

Quando una coppia non affronta la crisi, evitando di capire i problemi evidenti e realmente esistenti, difficilmente si riesce a leggere quei segnali che, se riconosciuti e affrontati, potrebbero contribuire a fare chiarezza e a solidificare il rapporto. È importante mettersi uno nei panni dell’altro e sforzarsi di vedere il disagio che uno dei due trasmette.

La totale assenza di comunicazione tra Woody Allen e Mia Farrow ha portato al risvolto tragico che avrebbe potuto essere evitato rivolgendosi a qualcuno che li aiutasse a raggiungere un’equilibrata separazione, nell’interesse dei figli, ancor prima che scoppiasse la questione Soon-Yi. Le terapie di coppia sono utili a questo, piuttosto che servire a riappacificarsi.

Il dramma scoppia quando Mia Farrow scopre che sua figlia adottiva Soon-Yi ha una relazione col suo compagno Woody Allen. Da questo momento parte la sua vendetta che colpirà il regista a livello sociale, lavorativo e affettivo. Fino a dove si può spingere una donna ferita?

“Tu hai portato via mia figlia, io ti porto via la tua” è la frase che pronuncia Mia Farrow quando scopre la relazione della figlia adottiva Soon-Yi con Woody Allen.

Da questo momento in poi Mia Farrow porta avanti una massiccia opera di discredito: sostiene che Soon-Yi era minorenne mentre era in realtà già maggiorenne, anche se di 35 anni più giovane di lui. Nella vulgata si continua a credere che la ragazza fosse stata adottata da lei e da Woody Allen, mentre in effetti Soon-Yi era figlia adottiva solo di Mia Farrow.

Dal racconto di Allen si può dedurre che i rapporti fra madre e figlia non erano buoni e Mia Farrow ha sempre mostrato verso di lei sentimenti di discredito e di rifiuto. Le parole del regista sono molto critiche anche verso il comportamento educativo e di accudimento che Mia Farrow aveva nei confronti degli altri figli adottati (non dimentichiamo che due di loro si sono suicidati). Alla base di tale comportamento c’era un forte desiderio di esibire una facciata piuttosto che proporsi concretamente come madre.

La sua vendetta si concretizza con la denuncia di molestie ai danni della loro figlia adottiva Dylan, molto legata al padre, di cui Allen si era sempre preso cura.

Molte coppie conflittuali, come ho potuto constatare nella mia attività professionale, sono soggette a due tipi di violenza. Un tipo di violenza prettamente maschile, diretta, che si concretizza in comportamenti fisicamente e verbalmente aggressivi verso la compagna o moglie. Sino ai casi di femminicidio di cui troppo spesso sentiamo il racconto nei nostri telegiornali. Mentre la violenza femminile, la maggior parte delle volte, passa attraverso i figli, tramite condotte volte ad assicurarsene il possesso esclusivo ai danni dell’altro genitore. Di queste ultime situazioni, lavorando spesso come consulente nelle cause di separazione, ne ho viste centinaia.

Mia Farrow ha reagito a quella che ha interpretato come una violenza psicologica subita, giungendo a sottrarre a Woody Allen la figlia Dylan utilizzando una falsa denuncia di abuso sessuale.

Questa è un’arma potentissima che danneggia drammaticamente le persone coinvolte. Nei tribunali italiani il numero delle false denunce di abuso sessuale che vedono coinvolto uno dei genitori è elevatissimo. Anche quando si rivelano infondate compromettono spesso irrimediabilmente il rapporto tra il genitore coinvolto e il figlio.

Secondo Woody, c’è stato uno spietato lavoro di manipolazione da parte di Mia sulla figlia Dylan. Quali ferite lasciano queste vicende sui minori coinvolti?

Quando un bambino si convince che una cosa è realmente avvenuta, magari a seguito delle suggestioni ricevute a riguardo, l’idea si radica nel suo profondo ed egli ci crede veramente. Le conseguenze di questo radicamento interno di una immagine genitoriale persecutoria e minacciosa possono essere estremamente negative, sino a favorire la comparsa di vere e proprie patologie psichiatriche a distanza di anni.  

Dylan aveva un legame affettivo profondo con il padre adottivo, legame che ad un certo punto è stato improvvisamente interrotto. L’unico punto di riferimento affettivo rimasto era la madre che ha provveduto a raccontarle una versione dei fatti che è diventata l’unica realtà dominante nella mente della bambina.

Le relazioni dello Yale Child Study Center - che conosco e di cui ho avuto modo di ammirare la serietà e la competenza - e dei servizi sociali di New York, hanno messo in evidenza che Dylan faceva i tipici racconti “a blocchi” (racconti preconfezionati mutuati e trasmessi dagli adulti, in questo caso dalla madre) arricchendoli di particolari fantasiosi privi di qualsiasi plausibilità. Un innocente gesto di appoggio della testa di Woody Allen sul grembo di Dylan si è progressivamente saturato di significati morbosi e di dettagli per lo più del tutto inverosimili. Nella mente della bambina le conversazioni intrattenute con la madre si sono trasformate in un falso ricordo che per lei è divenuto realtà. Questo falso ricordo è talmente vivido che ancor oggi non vuole vedere il padre adottivo.

Il risultato di tanta sofferenza, come si può leggere in A proposito di niente, fu che il giudice (anche se mal disposto verso il regista) archiviò il caso e non fu fatto alcun processo a Woody Allen.

Ringrazio di cuore il professor Giovanni Battista Camerini per il suo prezioso contributo e per la sua disponibilità.

Alla prossima lettura

Paola